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Attualità mercoledì 24 agosto 2016 ore 18:50

Nuova protesta della Camera di Commercio

I sindacati Cgil, Cisl e Uil e la Rsu della Camera di Commercio di Siena in un comunicato congiunto intervengono sul futuro dell'ente



SIENA — “Chissà quale sarà l’ordine del giorno del Consiglio dei Ministri del 25 Agosto, di solito è sconosciuto fino a pochi minuti prima dell’inizio della seduta, anche perché l’11 Agosto i principali quotidiani nazionali hanno annunciato che il Governo ha rinviato la stretta sul sistema camerale”. 

“Le Camere di Commercio sono entrate nel “mirino” del Presidente del Consiglio appena insediato, nel Febbraio 2014, quando ne annunciò l’abolizione; l’intento era – ed è – quello di sostituirle con delle speciali agenzie per gestire tutti i rapporti burocratici fra strutture pubbliche e imprese. Ci saranno vantaggi per tutte le imprese? Occorre ripetersi: chissà. Nel Giugno 2014 il Governo ha già colpito il sistema camerale con un decreto-legge – un atto normativo di carattere provvisorio avente forza di legge adottato in casi straordinari di necessità e urgenza – dove si prevedeva che “l’importo del diritto annuale a carico delle imprese è ridotto del cinquanta per cento”, causando una contrazione delle risorse finanziarie in entrata e mettendo in discussione l’equilibrio finanziario di tutte le Camere di Commercio”.

“Per più di 150 anni – si legge – la Camera di Commercio di Siena è stata l’espressione della comunità delle imprese del territorio e ha operato in stretto raccordo con i sistemi imprenditoriali locali e le altre istituzioni cittadine. A nessuno apparve giustificata l’emanazione di un atto normativo per casi straordinari di necessità e urgenza". 

La Corte ha dichiarato incostituzionale il congelamento delle buste paga che va avanti dal 2010, ma la sentenza non ha effetto retroattivo. Dribblato il rischio di un buco da 35 miliardi nei conti pubblici). Risultato: “Statali: servono sette miliardi per il rinnovo del contratto ma il governo ha solo 300 milioni”.

“A questo punto – concludono i rappresentanti dei lavoratori – non crediamo più alla parola “riforma”. 


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